sabato 11 maggio 2019

BAC-STAGE #004 - Lecce, 10 maggio 2019


 Amici Miei, 
sicuramente ricorderete che nel 2016 il maestro concertatore della Notte della Taranta fu Carmen Consoli, la quale scelse di dirigere l’orchestra in maniera pacata e senza scalmanarsi in segno di rispetto per le vittime del terremoto che aveva sconvolto il centro Italia solo tre giorni prima. All’epoca pensai che fosse la scelta sbagliata, e ne sono ancora convinto. Io credo che nei momenti di crisi, quando le cose vanno male per qualsiasi motivo, non bisogna fermarsi, anzi al contrario: bisogna lavorare più duramente, ognuno deve fare il proprio lavoro in maniera più sentita, più forte. Io avrei preferito che quella sera il maestro concertatore e tutta l’orchestra si scalmanassero molto di più rispetto agli anni precedenti, per far arrivare quell’energia positiva a chi ne aveva bisogno. È lo stesso appunto che faccio anche a Sting, quando stabilì di fare lo spettacolo a casa sua in Toscana l’11 settembre 2001 e alla fine (dopo una lunga riflessione) decise di farlo, ma arrangiando le sue canzoni in maniera più soft. Io le avrei fatte più rock, invece. Perché la musica NON È AFFATTO SOLO DIVERTIMENTO!!! La musica è comunicazione, la musica è costruzione, come dice una canzone del musical “Rent”: Il contrario della guerra non è la pace, ma la creazione. Non c’è nulla di male a cantare e suonare nei momenti tristi, anzi: è proprio lì che la musica svolge al meglio la sua funzione, quella di lenire il dolore, di ridare la carica e la speranza, energia e nuova vita. Tuttavia sono molti i casi in cui il fatto che trasmissioni televisive siano andate in onda subito dopo una tragedia ha creato polemica. Soprattutto perché una di queste trasmissioni la conduceva Giorgio Panariello, che è un comico. E a questo punto arrivo io.

Le giornate di mercoledì e giovedì scorsi sono state molto tristi per me, un caro amico ha dovuto suo (e nostro) malgrado intraprendere un viaggio verso un posto sconosciuto. La tristezza ci è piombata addosso, si è abbattuta come un maglio, ci ha piegati e messi in ginocchio. Ma abbiamo trovato il nostro modo di reagire, cantando lì davanti a lui. Io piangevo e sorridevo, ero sereno e affranto, straziato e grato per aver potuto salutarlo come si deve. Ma quello non era lavoro, era la nostra natura che si rivelava agli occhi di chi si trovava in chiesa. Era il nostro modo di comunicare, l’unico che conosciamo o, meglio, l’unico che padroneggiamo. Non era lavoro.

Oggi era lavoro: il mio spettacolo di cabaret, far ridere per un’ora e mezza il pubblico, mostrarsi sereno, sciolto, non far trapelare quella strana vibrazione nella voce. E siccome era lavoro, era la mia occasione per mettere in pratica quanto predico da sempre: cantare più forte, nei momenti tristi. Recitare meglio, inventare battute nuove, lasciarsi andare al massimo, tenere a bada un pubblico eterogeneo fatto di persone carinissime e attente ma anche di persone maleducate e strafottenti, evocare la magia della comicità al meglio delle mie possibilità. Far arrivare la mia voce più lontano, più in alto, oltre. Al di là. Là dove gli angeli in coro cantano il blues.

Renzo era un bassista. Ma qualche mese fa un altro caro, caro amico è andato avanti: Raffaello Murrone. Batterista.
Ehi, lassù ora hanno una sezione ritmica con i controcazzi!
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Buona Giornata,
Bac

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