mercoledì 1 febbraio 2017

1° Febbraio e Un Anniversario di una certa rilevanza (sottotitolo: Dècadi)

 Amici miei, 
Il 28 gennaio scorso è stata una data importante per me, e non ho potuto celebrarla come avrei voluto. Esattamente 10 anni prima, il 28 gennaio 2007, iniziava il secondo tempo della mia vita. (La citazione Negriniana è d’obbligo).

Ho già raccontato questa storia a più riprese, ma è il caso di ripetermi.  
Luigi Mariano, cantautore di vaglia e amico fraterno fin dagli anni del liceo, persona che ha capito ben prima rispetto a me l’importanza che rivestono i social networks nella comunicazione interpersonale nel nuovo millennio, riesce a convincermi ad aprire un profilo su My Space. Io, che ai bei tempi non volevo neanche fare i manifesti per pubblicizzare i miei spettacoli, dovevo aprire un profilo pubblico per farmi conoscere tramite il web in tutto il mondo? Ma che stai a dì, aho! My Space! Già.... Chi se lo ricorda? È ancora vivo, sapete? Ma è come un vecchio attore di teatro finito in una casa di riposo di terz’ordine: sta lì, qualcuno se lo ricorda, ne parla, ma nessuno che vada mai a trovarlo. Anyway, apro riluttante il mio profilo... e mi rendo subito conto di quanto sia meraviglioso interagire con i miei colleghi sparsi in giro per il mondo. E il senso di vertigine che ti assale quando ti accorgi che il tuo cantante preferito “ti segue”? Siamo dalle parti dell’orgasmo. Ma My Space non è sufficiente per chi, come me e ancora di più come Luigi, ha voglia di raccontare, di chi ha bisogno di lunghe distanze per far sentire bene la sua voce. Il blog ti dà la possibilità di farlo. E nel 2007 il sito Splinder (che Dio l’abbia in gloria) ti offre la possibilità di avere la tua pagina gratuita. E così apro il mio blog: “Diario di un Cantarettista Malincomico”. E ci scrivo ogni santo giorno, anzi ogni santa notte, dal 28 gennaio fino all’arrivo dell’estate. Un piccolo gruppo di fedeli lettori comincia a seguirmi assiduamente, qualcuno mi confessa che la mattina non vede l’ora di collegarsi alla rete per leggere il mio ultimo scritto. “Ti aspetto come cresima santa!”. Scrivevo intorno alle quattro, le cinque del mattino. L’idea era che i miei lettori potessero ricevere i miei slanci di pindarica saggezza come le famiglie americane ricevono il giornale: scagliato contro la porta d’ingresso dal ragazzino in bici prima di andare a scuola. Da quel gruppo di fedeli commentatori e assidui lettori sono scaturiti alcuni dei miei nuovi migliori amici e persino la mia compagna di vita. Tutto il mondo ha preso una nuova direzione. Ed è stato stimolante, intrigante, e, certo, traumatico: ho iniziato una nuova vita, e quella vecchia l’ho lasciata indietro con molte delle persone che ne facevano parte. Fa male. Ma l’ho scelto. Se non si tiene conto della mia raccolta “Baccassino & Friends” del 2010, ho pubblicato il mio ultimo disco nel 2007, il 6 gennaio. Come mai in questi dieci anni non ho fatto dischi? Come mai non ho più scritto racconti? L’ultimo era un romanzo a puntate di cui ho pubblicato proprio sul blog i primi otto episodi, poi non se n’è saputo più nulla. Non che me ne sia rimasto con le mani in mano, anzi. Ho sfornato un lungometraggio, alcuni corti, tre edizioni del mio “Memorial”, ho messo su una band, sono diventato produttore, editore, ho partecipato alla realizzazione di cose “importanti” per artisti “importanti”. Ho contratto un sacco di debiti, di ognuno dei quali vado fiero come di una ferita di guerra. La maggior parte, con calma e sangue freddo, li ho anche saldati, gli altri... con calma e sangue freddo. Le multe no, quelle sono furti. Insomma, non permetto a me stesso di lamentarmi. Eppure sembra sempre che quello che davvero voglio fare non riesca mai a farlo. Non so se sia la tipica insoddisfazione del bimbo viziato o dell’artista tormentato (o magari frustrato). In più: mi sto “facendo grande”. Quei tipici desideri di tornare indietro nel tempo e cambiare quella scelta lì, quella parola là, in modo da poter percorrere una strada diversa questa volta, una rotta migliore per la meta prefissa, la consapevolezza che sia impossibile di fatto tornare indietro nel tempo, quei oh così patetici pensieri, senza un minimo di preavviso, come leonesse acquattate dietro un arbusto nella savana, d’un tratto si sono lanciati sui miei quarti posteriori e hanno preso ad azzannarmi le caviglie e divorarmi i polpacci e squarciarmi la schiena. Forse c’entra qualcosa il fatto che dal 2008 il mondo è entrato in crisi. Forse no. Forse ho molte personalità, tutte creative, e quelle che non riescono a esprimersi sono invidiose di quelle che invece ce l’hanno fatta. Sono anni che provano ad ammazzare quell’odioso cabarettista, ma quello è più elusivo di un usciere della mafia. Le altre mie personalità vorrebbero anche loro godere della gioia di essere riconosciute, sono vive e vogliono mostrarsi al mondo in tutta la loro gloria. Possono farlo, possono ancora farlo ma c’è questo cavolo di orologio tic tac tic tac tic tac tic tac inesorabile snervante martello e chiodo. Conosco qualcuno che ha completamente cambiato vita a 45 anni, for the better, per cui diciamo che ne ho ancora uno (e qualche mese) a disposizione per darmi una mossa, per quanto mi senta il fiato sul collo. Insomma vorrei tanto che si aprisse una nuova decade, e vorrei anche trovare metafore meno scontate. Forse sta accadendo, ma non me ne posso rendere conto ora, come non mi rendevo conto del cambiamento il 28 gennaio di dieci anni fa. Una cosa di certo è cambiata: so perfettamente cosa voglio. Da qui a ottenerlo, ce ne passa. Ma sono più pragmatico rispetto a due lustri fa. Anche questo è cambiato. E non ci sono più i Pooh, e questa sì che è una cesura.

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Buona Giornata,
Bac



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