domenica 30 dicembre 2012

30 dicembre e Lo Hobbit: un viaggio inaspettato, un’inutile recensione.


Amici Miei, ebbene sì: ho deciso. Subissato da nessuna richiesta, dal basso della mia scarsissima verve da critico cinematografico, e decisamente fuori tempo massimo, mi accingo a vergare su questo foglio elettronico la mia inutile recensione dell’ultimo film dell’acclamato regista neozelandese Peter Jackson: Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato. Dico subito che non oserò paragoni con “Il Signore Degli Anelli”, di cui Lo Hobbit NON È il prequel, per il semplice motivo che non si possono paragonare due film così diversi. Sarebbe come tentare di mettere a confronto “La Casa” e “L’Armata delle Tenebre”, film quest’ultimo che, sebbene chiuda la trilogia, è talmente diverso dai due precedenti che persino nel titolo non c’è alcun richiamo alla “Evil Dead” dei due predecessori. Ma non distraiamoci. Non farò paragoni, ma mi concederò qualche parallelismo. Prima di tuffarci in questioni cinematografiche, lasciatemi rispondere alla domanda che spesso ho sentito porre su “Lo Hobbit”, e cioè: “Perché Lo Hobbit e non L’Hobbit?”. Perché la H in italiano è una consonante, e per quanto muta in grammatica è soggetta alle stesse regole cui sono soggette le altre consonanti. L’apostrofo, come sapete, serve a sostituire una vocale quando, davanti a un’altra vocale, questa cade, ma non può mai trovarsi tra una vocale e una consonante. Insomma La Altra diventa L’Altra, ma La Tovaglia non può in nessun caso diventare L’Tovaglia!!! Ma allora, direte voi, perché diciamo “Io l’ho mangiato”? Intanto Vi ringrazio per non aver portato come esempio “Io quello l’ho conosco”, dopodiché vi dico che è stato l’uso quotidiano nella lingua parlata a trasformare miracolosamente un errore in una regola. Siccome da decenni ormai pronunciamo impunemente “l’ho fatto” e “l’ho detto”, ecco che anche nella lingua scritta è accettato quello che dovrebbe essere un orrore di ortografia oltre che un errore di grammatica. Ma a questo punto Voi, che siete persone sveglie, Vi starete chiedendo: e allora perché Lo Hobbit e non L’Hobbit? Perché il signore che ha tradotto il libro di J.R.R. Tolkien scriveva in un’epoca in cui ancora si scriveva e si parlava un italiano corretto, al contrario di quanto si faccia oggi. E poi Hobbit è una parola straniera. C’entra qualcosa? Non lo so. D’altronde si dice l’Hotel e non Lo Hotel. Nell’infausto, ma non improbabile, caso io stia dicendo delle grosse MINCHIATE, chiedo venia a Voi e aiuto al buon Luca Colitta che di siffatte questioni ne sa ben più di me. Ma basta con l’accademia: passiamo al cinema.
Addì 25 dicembre 2012, con dodici giorni di ritardo dall’uscita ufficiale, sono finalmente andato al cinema a vedere Lo Hobbit, pensate: senza pormi questioni di lingua! Nonostante io viva a Maglie, ho ritenuto opportuno (per questioni discusse altrove) scoppolarmi quella trentina buona di chilometri per andare a vedere il film al The Space Cinema di Surbo (Lecce). Ben tre sale lo proiettavano: due in versione digitale 2d, e una in versione pellicola in 3d. Tutte comunque nella canonica velocità di 24 FPS (Fotogrammi al Secondo). Perché pongo la questione? Perché come forse saprete il buon Jackson ha introdotto con questo film una grossa novità per la cinematografia: la proiezione a 48 FPS. Sin da quando il cinema è diventato Cinema (quindi non da sempre), le cineprese registrano la vita a 24 FPS, ritenuti sufficienti per dare l’illusione di assistere a una scena dal vivo, illusione rafforzata dalla proiezione della pellicola alla stessa velocità di 24 fotogrammi al secondo. Molti registi in più occasioni hanno girato film o parti di film a velocità superiori o inferiori, ma poi proiettando sempre a 24 FPS si ottengono immagini rallentate o velocizzate. Jackson invece ha fatto questo: ha girato il film a 48 FPS e lo proietta a 48 FPS. In questo modo in un unico secondo sono contenuti il doppio dei fotogrammi, quindi l’azione in quel secondo è divisa in 48 parti anziché in 24, con il risultato che alla visione il tutto sembra ancora più fluido e più “vivo”. Di contro c’è la possibilità che il film risulti troppo vivido, quasi girato con una telecamera della Rai. Non è un problema da poco questo. Io stesso, nel mio minuscolo, dopo aver girato il mio “Li Promessi Sposi” con una videocamera DV mi sono reso conto che il risultato era troppo televisivo e ho quindi in postproduzione usato un filtro che “sporca” le immagini rendendole più simili a quelle girate con la pellicola... In ogni caso dobbiamo cominciare ad abituarci a questa novità tecnologica: i sequel di Avatar verranno girati, a quanto ha dichiarato James Cameron, a 60 FPS e con ogni probabilità questo diventerà il nuovo standard per tutti i film che verranno girati a partire dai prossimi anni. Io avrei tanto voluto vedere il film proiettato a 48 FPS, senonché l’unico cinema in Puglia attrezzato per questo nuovo tipo di proiezione è quello di Santeramo in Colle (che se non sbaglio fino a qualche tempo fa era co-gestito da un amico che non vedo da troppo tempo), e quindi i chilometri da scoppolarsi partendo da Maglie o da Nardò sono eccessivi...
Venendo, finalmente, al film partiamo con il primo dei paralleli con ISDA (Il Signore Degli Anelli). Anche qui si parte con un prologo che serve a spiegare perché stiamo per assistere a ciò che stiamo per assistere. Qualcuno lo ha giudicato troppo lungo come prologo. Io non sono d’accordo. Quando si pensa a Lo Hobbit (e vale anche per ISDA) bisogna pensare non a tre film di una trilogia, ma a un unico film di dieci ore diviso in tre parti perché è impensabile proiettarlo in un’unica soluzione. Quindi il prologo de Lo Hobbit (come il lunghissimo finale di Il Ritorno Del Re) in realtà è perfettamente calibrato e bilanciato sulla durata complessiva dell’opera. Poi si va avanti, si entra nel vivo della storia, tra vecchi “amici” che ci si ripresentano e nuovi personaggi che impiegano pochissimo a entrare nel nostro cuore che, ammettiamolo senza remore, appartiene a Peter J. più che a Tolkien. Il materiale originale è sempre rispettato, con in più alcune aggiunte plausibili e basate comunque sulle Appendici del Signore degli Anelli e su altri scritti di Tolkien. Le “lungaggini” di cui qualcuno si lamenta secondo me non ci sono, semplicemente il film ha un andamento romanzesco, si prende tutto il tempo per dire ciò che c’è da dire senza essere affrettato (e anche qui si può fare il parallelo con La Compagnia dell’Anello). Rispetto al libro, che è davvero un libro per ragazzi, il film ha un tono di “epicità” in più. Jackson è molto attento a far capire che la spedizione dei Nani e di Bilbo non ha come scopo finale riprendersi l’oro rubato dal Drago Smaug, ma fare ritorno alla propria casa, riconquistare la propria terra. Quindi il film è più epico, ma non è meno giocoso e divertente e ricco di canzoni e scherzi del libro. Ci sono momenti molto divertenti e non c’è una goccia di sangue neanche negli scontri più violenti. La morte di uno dei cattivi è presentata non come un trionfo del Bene sul Male (per quello ci sarà tempo nei prossimi film), ma come una gag comica. Ci sono due o tre momenti cantati come nella migliore tradizione disneyana. Saruman il Bianco non è quel cattivone che tutti conosciamo, ma un personaggio che in un contesto di leggerezza con il suo essere impettito e severo fa ridere: una sorta di Professor Piton dei primi tre Harry Potter. E poi c’è lui: l’unico e solo, il più grande di tutti, la star assoluta: Gollum!!! Già candidato alla candidatura come miglior attore all’epoca de “Le Due Torri”, io sono convinto che Andy Serkis meriti davvero di vincere una qualsiasi statuetta, anche appositamente inventata. Sapete quando si dice “se non ci fosse bisognerebbe inventarla”? Ecco, è questo il caso. La scena migliore del film è anche quella più fedele in assoluto al libro, riportata in sceneggiatura quasi parola per parola. Ne avevamo già visto un accenno nel prologo de La Compagnia Dell’Anello (e un richiamo nei pensieri di Gandalf: “Enigmi nell’oscurità”), ma ovviamente qui è stata girata in maniera completamente diversa e, mi sbilancio, grandiosa.
E di davvero grandioso ci sono le scenografie e le ambientazioni. Le montagne!!! Molte delle inquadrature sembrano davvero dare un senso alla battuta che pronuncia Bilbo ne La Compagnia: Le montagne! Voglio rivedere le montagne! La battaglia dei Giganti di Pietra lascia senza parole, cose che i miei occhi avevano visto solo in sogno. Mi rendo conto che forse il fatto che io abbia visto in sogno da piccolo molte delle cose che PJ ha messo sullo schermo in qualche maniera condizioni il mio giudizio, ma sono sicuro che alcune riprese metterebbero al tappeto chiunque. Anche grazie a un 3D davvero convincente. Se volete vedere un film in 3D guardatene uno girato in 3D e non uno riconvertito. Quelli riconvertiti sono una sequela di immagini piatte distanziate una dall’altra sull’asse delle z, ne Lo Hobbit invece potrete vedere con i vostri veri occhi la distanza tra i capelli e la fronte di Gandalf, potrete prendere in mano un “riccio di macchia” e pungervi davvero! La genialità di quel pazzo di Andrew Lesnie, Direttore Della Fotografia!!!
Mi sto dilungando troppo: arriviamo alla conclusione. Thorin Scudodiquercia potrebbe tranquillamente fare un mazzo tanto al buon Aragorn (e direi anche l’attore Richard Armitage all’attore Viggo Mortensen...). Ian McKellen (Gandalf) è praticamente perfetto. Gli effetti speciali che ve lo dico a fare. Martin Freeman nei panni di Bilbo è grandioso. I vari “cameo” dei personaggi de ISDA sono calibrati con sapienza e non sono mai delle strizzate d’occhio allo spettatore (tranne forse la frase di Gandalf “Casa è alle spalle, e il mondo davanti” messa lì proprio per quelli come me che conoscono a memoria ISDA). Niente strizzate d’occhio. E non era facile. Il compositore Howard Shore, che ogni tanto riprende da ISDA temi che ben conosciamo, tutto sommato non riesce a scrivere nuovi temi altrettanto incisivi, tranne la canzone cantata proprio da Thorin e che fa da sottofondo anche ai titoli di coda. Il doppiaggio. Purtroppo la morte di Gianni Musy ci costringe ad ascoltare Gandalf con una nuova voce, che, sebbene sia quella dal grandissimo Gigi Proietti, rende la visione un po’ straniante: Gandalf era Gianni Musy e basta! Ho avuto meno problemi ad accettare un attore diverso per Albus Silente che un doppiatore diverso per Gandalf! Bacchettata sulle nocche per il traduttore. Sebbene sia stato ampiamente avvisato all’uscita del primo teaser che Gollum in italiano non avrebbe mai potuto dire “Bagginses, cos’è un Bagginses” lui non solo non ha corretto l’errore ma ha anche rincarato la dose con un “Hobbitses” decisamente scandaloso! 3 meno meno e domani fai venire i tuoi genitori!!!
In conclusione, Lo Hobbit Un Viaggio Inaspettato è un grande film che sarà sottovalutato nei secoli a venire per colpa di quelli che pensano di andare al cinema a vedere Il Signore Degli Anelli Quattro. No! Non fatelo, ma se proprio dovete paragonatelo a “Labyrinth”, a “Willow”, a “Legend”, ma non a Il Signore Degli Anelli! Così potrete godere di due ore e mezza di sogno che si fa reale davanti ai vostri occhi, due ore e mezza godibili, divertenti, straordinarie. E dicembre 2013 (data d’uscita di Lo Hobbit: La Desolazione Di Smaug) vi sembrerà incredibilmente lontano...


Posto qui una bellissima cover di "The Misty Mountains Cold", la canzone di Thorin


Andate al Cinema e... enjoy!!!
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Buona Giornata
Bac

Aspetta Aspetta!!! 
PS: Cate Blanchett. Io quella donna la sposerò, fosse anche di martedì!!!



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